Wormhole Superconduttore

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wormhole-warp-lines2Il wormhole non è più fantascienza ma un progetto reale, portato alla vita da un’equipe di studiosi italiani. Il team che ha realizzato il sogno di Albert Einstein nei laboratori dell’Università di Napoli Federico II, è capitanato dal fisico Salvatore Capozziello, docente all’Università Federico II di Napoli e ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) nonché presidente delle Società italiana di Relatività Generale e Fisica della Gravitazione (Sigrav). Lo studio è stato postato online su ArXiv (clicca qui per vedere lo studio) ed è in via di pubblicazione sulla rivista International Journal of Modern Physics D; il progetto è in via di definizione con il gruppo di Francesco Tafuri, del dipartimento di Fisica della Federico II.

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Vengono comunemente definiti cunicoli spazio-temporali in grado di collegare un punto con un altro di uno stesso universo o, ancor più suggestivamente, di stabilire una connessione fra un universo ed un altro presumibilmente parallelo al primo. Sono i wormhole (letteralmente ‘buchi di vermi’), sorta di ‘scorciatoie’ che permetterebbero di passare da un punto all’altro di uno o molteplici universi più velocemente di quanto impiegherebbe la luce a percorrere la distanza attraverso lo spazio normale, consentendo al tempo stesso veri e propri viaggi nel tempo. E’ questa la traduzione in pochissime parole di concetti molto complessi propri della fisica più avanzata, sebbene elaborati sulla base di teorie che scienziati come Albert Einstein e Nathan Rosen enunciarono già negli anni ’30 del Novecento ipotizzando l’esistenza di gigantesche strutture cosmiche poi definite appunto ‘ponti di Einstein-Rosen’. A tal proposito la metafora del verme non è affatto casuale: il termine wormhole deriva appunto dall’immaginare che l’universo sia come una specie di mela sulla cui superficie si muova un verme. Ebbene, se questo continuerà a strisciare sulla superficie, la distanza tra due punti opposti della mela sarà pari a metà della sua circonferenza, ma se invece esso scava un foro direttamente attraverso la mela, la distanza da percorrere per giungere a destinazione sarà inferiore. Il cunicolo spazio-temporale di cui gli scienziati ipotizzano l’esistenza in natura, presumibilmente generato da una immane forza gravitazionale che deformerebbe lo spazio-tempo, è idealmente paragonabile proprio a quel buco scavato dal verme nella mela.

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Ha spiegato Capozziello: “Il problema di partenza era spiegare l’esistenza di strutture che, come i buchi neri, assorbono tutta l’energia di un sistema senza restituirla: in pratica ci si trovava di fronte ad una violazione del principio di conservazione dell’energia”. E continua: “La nostra idea era quella di riuscire a simulare gli effetti gravitazionali a energie più basse e dato che è impossibile riprodurre in laboratorio strutture gravitazionali estremamente energetiche e massicce, ci siamo posti la domanda se esistono strutture simili, ma alle dimensioni e alle energie di laboratorio”. Una delle probabili spiegazioni ipotizza che lo spazio-tempo sia bucato.  A questo fine è stato realizzato il minuscolo prototipo ottenuto collegando due foglietti di grafene, una struttura purissima di atomi di carbonio, materiale sottile come uno strato di atomi, resistente come un diamante, flessibile come la plastica e richiestissimo sul mercato delle nanotecnologie, di cui dal giugno del 2014 il più grande centro di produzione europeo è a Como, con legami molecolari e un nanotubo.

Graphene

La struttura ottenuta è neutra e stabile, nel senso che al suo interno non entra nulla e nulla fuoriesce, ma quando si introducono dei difetti (perturbazioni) vengono generate delle correnti. “Ci siamo accorti che ‘drogando’ il grafene, cioè mettendo al suo interno degli atomi penta o eptavalenti, cioè con 5 o 7 legami anziché i sei a nido d’ape del grafene puro, succede una cosa interessante: il sistema si ‘attiva’ e si generano correnti entranti e correnti uscenti nel grafene. Nel caso di un legame in meno rispetto al grafene standard otteniamo una corrente elettrica entrante. Con un legame in più la corrente è uscente. Se proiettiamo questo risultato alle scale astrofisiche, allora abbiamo trovato il modo per far passare informazione attraverso il wormhole. In altre parole, controllando i difetti del grafene possiamo controllare il segno dell’informazione: possiamo cioè comunicare con un osservatore che si trova dall’altra parte. Questo passaggio di energia elettrica è importante perché la corrente passa da una parte all’altra del wormhole a resistenza nulla, il passaggio è cioè istantaneo, mentre normalmente all’interno di un materiale si incontrano resistenze e rallentamenti”. Ha quindi aggiunto lo scienziato: “Spostandoci su dimensioni cosmiche, potremmo considerare un osservatore che con la sua navetta si avvicina a un wormhole come un elemento capace di perturbare la struttura: in questo caso sarebbe possibile passare da una parte all’altra del cunicolo spaziotemporale, così come trasmettere segnali da una parte all’altra”.

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Un’ipotesi che senza dubbio fa volare con la fantasia.  Il Principio di Relatività di Einstein stabilisce che non si può viaggiare più veloci della luce, fatto che renderebbe impossibile qualsiasi contatto con altre civiltà extraterrestri, proprio per l’immensa distanza spazio-tempo che ci separa. La produzione del wormhole significa per molti la vittoria sugli scettici di chi crede agli extraterrestri, ora ancor più di prima, in quanto questi cunicoli potrebbero essere delle vere e proprie scorciatoie per spostarsi in poco tempo nell’Universo o addirittura fare viaggi nel tempo.

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Il cinema e la TV sono pieni di esempi in cui si parla dei wormhole:

1) Stargate, scritto e diretto nel 1994 da Roland Emmerich, dove la“porta delle stelle” è costituita da antichi congegni costruiti da una razza aliena e disseminati nelle galassie per favorire viaggi rapidi, anzi istantanei. Primo di una trilogia mai completata generò 3 serie tv: Stargate SG-1, Stargate Atlantis e Stargate Universe.

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2) L’ambientazione della serie tv Star Trek: Deep Space Nine (176 puntate fra il 1993 e il ’99) non è l’astronave ma una stazione spaziale collocata vicino a un wormhole, popolato da misteriose entità extradimensionali venerate dal popolo dei Bajoriani.

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3) Sliders: I viaggiatori (1995-2000) dove si usavano i ponte di Einstein-Rozsen per collegare universi paralleli. Presumendo che la realtà esista come parte di un multiverso, si ci chiede cosa sarebbe successo se grandi o piccoli eventi della storia si fossero svolti in maniera differente (ucronia).

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4) Nel film Sfera di Barry Levinson del 1998, tratto dall’omonimo romanzo di Michael Crichton,  i protagonisti scoprono che la presunta nave aliena situata a 300 metri sotto l’Oceano Pacifico non è altro che un’astronave americana di circa metà del XXI secolo che si era addentrata in un wormhole ed era ritornata indietro nel tempo di circa 300 anni, precisamente nel 1709, precipitando nel fondo dell’oceano.

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5) Nel film Contact delle intelligenze aliene inviano sulla terra i piani di costruzione di un artefatto che genera un wormhole per raggiungere la stella Vega.

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6) Nel film Thor (Marvel Studios/Paramount-2011) gli dei asgardiani usano il Ponte Bifröst per spostarsi tra i 9 regni che governano: sulla Terra la scienziata Jane Foster pensa che questo mezzo di trasporto sia un possibile Ponte di Einstein-Rosen.

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7) Se la Terra diventa inabitabile speriamo gli alieni ci regalino un wormhole per cercare una nuova casa come nel film Interstellar di Christopher Nolan, Oscar nel 2015 per gli effetti speciali.

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8) Nel film Jumper – Senza confini, i cosiddetti Jumper usano i wormhole per teletrasportarsi in qualsiasi parte del mondo.

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Con questo primo prototipo, costruito in scala microscopica, per il momento si possono solo ipotizzare viaggi di quel tipo. Alla domanda su quali sono gli obiettivi di questo studio Capozziello risponde: “Sono due. Il primo è creare a Napoli o altrove un centro di eccellenza in cui mettere insieme nanotecnologia e cosmologia, quindi l’infintamente piccolo e l’infinitamente grande. Il secondo è accedere a fondi europei, in modo da strutturare il lavoro e dare occasioni di ricerca a giovani studiosi. Vanno messi a punto anche gli aspetti teorici, ad esempio passando in rassegna tutte le soluzioni di wormhole analoghe alla nostra. Diciamo che c’è una sinergia fra gli aspetti puramente speculativi di fisica fondamentale e l’aspetto tecnologico e applicativo di fisica della materia. Sono ottimista. Si è già fatto avanti un importante centro svedese specializzato nelle nanotecnologie. Siamo solo ai primi passi”.

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Pur rimanendo ad ogni modo con i piedi per terra, le implicazioni tecnologiche di quanto osservato dai ricercatori sono importantissime, perché consentirebbero di trasmettere segnali elettrici in maniera estremamente precisa, rapidissima grazie alla superconduttività e a livello atomico. Le applicazioni di tale tecnologia sarebbero pressoché infinite, e al momento la realizzazione di un primo prototipo su scala industriale è lo scopo più immediato: “Il fatto che abbiamo a che fare con correnti autoindotte, quindi generate dalla geometria del sistema, potrebbe dar luogo a molteplici sviluppi. Intanto possiamo ottenere un sistema superconduttore con trasmissione di corrente a resistenza zero, contrariamente a quanto accade nei sistemi elettronici attuali e si potrebbero ottenere, ad esempio, nanostrutture capaci di trasmettere segnali in modo istantaneo poiché la corrente elettrica passerebbe nel vuoto. Un altro vantaggio è che stiamo usando carbonio, un elemento reperibilissimo in natura”. In altre parole, un wormhole superconduttore. Niente male, in attesa di quello gravitazionale.

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E per concludere, alla domanda se finalmente siamo arrivati a costruire la macchina del tempo il professore chiude: “L’unica certezza è che questo è un wormhole che permette il passaggio di corrente elettrica con estrema precisione, non è una macchina del tempo. Da qui a costruirne una potrebbero passare 100 anni ma la scoperta è comunque di quelle che possono avere ripercussioni tecnologiche significative nella nostra vita. La ricerca scientifica non è mai esercizio vano. Detto questo è bello e umano sognare e continuare a cercare di capire chi, dove siamo e il perché?”.

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Alfonso Morelli – Team Mistery Hunters