Quando il sonno uccide: dalle cronache reali a Freddy Krueger

Dal mistero della Sindrome della morte improvvisa nel sonno alle antiche leggende sugli incubi, fino alle abduction aliene: la vera, inquietante origine di Freddy Krueger.

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C’è un nome che ha imparato a diventare simbolo delle nostre paure più profonde: Freddy Krueger. Lo conosciamo come il mostro cinematografico che trasforma i sogni in trappole di sangue, ma pochi sanno che dietro quell’icona dell’horror non c’è solo fantasia. C’è una storia vera, fatta di cronaca, scienza, culture antiche e, secondo alcuni, persino di misteriosi contatti extraterrestri.

Negli anni Ottanta Wes Craven si imbatte in un caso agghiacciante: giovani rifugiati Hmong, fuggiti da guerre e genocidi in Cambogia e Laos, muoiono improvvisamente nel sonno.

La storia letta da Craven
Ricostruzione fantasiosa del mostro

Si tratta della Sindrome della morte notturna improvvisa inaspettata (SUNDS), una condizione che colpisce soprattutto uomini giovani e sani. Nessuna causa evidente, solo incubi terrificanti, urla, corpi che si contorcono e poi il silenzio eterno. La medicina ha ipotizzato mutazioni genetiche legate alla Sindrome di Brugada, un disturbo cardiaco che può portare ad aritmie letali durante il riposo. Ma per le famiglie e per la loro tradizione, non erano i geni a uccidere: era un’entità, il dab tsog, uno spirito oscuro che immobilizza nel sonno e soffoca la vita. La Dab Tsog è una entità incorporea e mutaforma ma che a prescindere dall’aspetto o dall’età con le quali può manifestarsi, ha la costante di essere femminile. Colpisce durante il sonno, manipolando il sogno in modo che la vittima si percepisca inerme ed in genere si siede sul petto dell’alter-ego onirico della persona o ci si sdraia sopra, con il fine ultimo di bloccarne la respirazione. Il tutto mentre assume un aspetto il più terrificante e stressante possibile per la vittima: a meno che non si verifichi qualche imprevisto o che la Dab Tsog decida di ritirarsi, si verrà letteralmente uccisi di paura dai propri incubi.

Craven trasforma questa cronaca in mito, e da lì nasce Freddy Krueger: il mostro che ci colpisce proprio quando siamo più vulnerabili, nell’intimità dei sogni. Ma ciò che inquieta davvero è che l’idea di un’entità notturna che preme sul petto, paralizza e conduce alla morte non appartiene solo a queste cronache, né solo alla cultura Hmong. È un tema universale.

Il quadro “Nightmare” o L’Incubo è un celebre dipinto di Johann Heinrich Füssli, realizzato nel 1781

In Europa medievale, le vittime di fenomeni simili parlavano di “incubi” da incubare, cioè “sedersi sopra”. Demoni notturni che si accovacciavano sul petto, togliendo il respiro. In Scandinavia si parlava del Mara, spirito femminile che tormentava i dormienti e che ha dato origine alla parola “nightmare”. Nell’antico Egitto si trovano papiri con descrizioni di entità che invadono il sonno e annunciano la morte. E gli aborigeni australiani parlano del Dreamtime, un luogo sacro ma anche pericoloso, dove si può incontrare tanto la guida degli antenati quanto forze distruttrici.

La paralisi del sonno è stata a lungo interpretata, nelle culture di tutto il mondo, come l’azione di spiriti o demoni che abitano le tenebre. In Italia, ad esempio, esiste la figura della Pandafeche, un’entità immaginata come un essere vestito di bianco, con occhi demoniaci, che immobilizza la vittima nel sonno

In molte culture si ricorrevano a “rimedi” folkloristici: per allontanare questa figura, si credeva che bastasse appoggiare un bicchiere di vino bianco sul comodino, perché la Pandafeche, si diceva, fosse un bevitore vorace.

In alcune tradizioni europee, per esorcizzare queste presenze “notturne”, si usavano scope con tante setole, sacchi di legumi o sabbia, ritenuti in grado di distrarre o tenere lontani gli spiriti (come per la Pantafica in Abruzzo)

Il Monachiello, in Calabria come in gran parte del Sud Italia, è una figura del folklore che si presta perfettamente a entrare nel nostro articolo come “cugino mediterraneo” delle presenze notturne che abbiamo evocato. Il nome deriva da “monachicchio”, “monacello”, cioè “piccolo monaco”: un essere descritto come un ometto vestito con un saio, spesso dispettoso, altre volte benevolo. Nella tradizione calabrese può apparire nelle case di notte, fare scherzi, nascondere oggetti o addirittura sedersi sul petto dei dormienti, provocando una sensazione di oppressione o soffocamento. Questa caratteristica lo lega direttamente ai racconti di paralisi del sonno, al “Mara” scandinavo e al “dab tsog” della cultura Hmong. In alcune leggende calabresi, il Monaciello è anche un custode di tesori nascosti: appare per indicare un luogo dove scavare, ma bisogna avere coraggio, perché può spaventare a morte chi non è pronto a ricevere la sua rivelazione. Questo doppio volto  spirito burlone ma anche psicopompo, guida tra mondi lo rende una figura liminale, proprio come le entità che incontriamo nei sogni e negli incubi.

E se la paralisi fosse una soglia tra il corpo fisico e un viaggio ultraterreno? Alcuni pensano che si tratti della porta di accesso ai viaggi astrali o esperienze extracorporee (OBE):, dove la coscienza si allontana, seguendo un “cordone” invisibile. Da lì, fantasmi, demoni o presenze potrebbero osservarti… ma restare a loro volta incapaci di toccarti realmente.”

Secondo questa teoria, tra il corpo astrale e quello fisico esisterebbe un “cordone” simbolico da mantenere integro durante il viaggio. Se non si è coscienti della distinzione tra i due piani, le paure e le presenze viste durante l’esperienza possono apparire minacciose, pur restando ininfluenti sul proprio corpo materiale

E qui entra in gioco un’altra pista, ancora più inquietante: quella delle abduction aliene. Molti racconti di rapimenti extraterrestri iniziano proprio così: con una persona che si sveglia nella notte, incapace di muoversi. La stanza è familiare, eppure “alterata”. Un ronzio metallico, una luce improvvisa, figure umanoidi accanto al letto. La vittima cerca di urlare ma non riesce, il corpo è paralizzato, e l’unica cosa viva sono gli occhi che si muovono terrorizzati. È la stessa dinamica descritta nella paralisi del sonno: coscienza sveglia, corpo immobile, percezione di presenze minacciose.

Gli studiosi scettici parlano di spiegazioni neurologiche: durante la fase REM, quando sogniamo più intensamente, il cervello blocca i muscoli per impedirci di muoverci. Se ci svegliamo in quel momento, possiamo restare intrappolati in uno stato di paralisi con allucinazioni vivide. Ma chi ha vissuto esperienze di abduction giura che non si tratta di allucinazioni: racconta dettagli ricorrenti, memorie di essere trascinato fuori dal letto, di stanze bianche, di esperimenti, di voci non umane. Un fenomeno che si ripete in culture e luoghi diversi, difficile da liquidare come semplice suggestione.

E allora ci troviamo davanti a un bivio: la paralisi del sonno è davvero solo un difetto del nostro cervello mezzo sveglio, mezzo addormentato? Oppure è la soglia sottile in cui l’uomo da sempre incontra di“l’altro”: demoni per i Sumeri, incubi per il Medioevo, alieni per il nostro tempo?

Freddy Krueger, in fondo, è il volto popolare e hollywoodiano di questa inquietudine. Non importa che sia un killer nato dalla fantasia di un regista: lui incarna ciò che spaventa tutti, in ogni epoca. L’idea che il sonno non sia rifugio, ma trappola. Che i sogni non siano soltanto visioni della mente, ma porte che si aprono su mondi oscuri, popolati da entità pronte a ghermirci.

E quando i medici non riescono a spiegare morti inspiegabili, quando i popoli descrivono spiriti che strangolano nel sonno, quando persone comuni giurano di essere state paralizzate da presenze non terrestri, il dubbio resta. Cosa accade davvero quando chiudiamo gli occhi? È solo il nostro cervello che inganna, o siamo noi ad affacciarci a un universo invisibile?

Forse la verità è che tutte queste versioni – scientifica, culturale, esoterica e ufologica – raccontano la stessa cosa con linguaggi diversi. Che sia un’aritmia letale, un demone antico o un rapimento alieno, il messaggio è sempre uno: il sonno non è mai completamente sicuro.

Così, la prossima volta che vi sdraierete pensando di abbandonarvi al riposo, ricordatevi di Freddy Krueger. Non come personaggio di fantasia, ma come simbolo universale della più antica delle paure: che i nostri sogni non ci appartengano, e che qualcun altro, o qualcos’altro, stia aspettando di incontrarci proprio lì.

 

Giuseppe Oliva team – Mistery Hunters