Fast Radio Buster: Naturali o Artificiali?

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Un Fast Radio Buster (FRB), in italiano lampo radio veloce, è un fenomeno astrofisico di alta energia che si manifesta come un impulso radio transitorio, con durata di pochi millisecondi. Si tratta di lampi molto luminosi nella banda radio provenienti da regioni del cielo esterne alla Via Lattea. La denominazione di ciascun lampo radio veloce è composta dalla sigla FRB seguita dalla data di rilevazione nella forma “AnnoMeseGiorno”. L’universo di per sé e i suoi innumerevoli corpi celesti, emettono segnali radio che però costituiscono una sorta di rumore di fondo, da filtrare per cercare di isolare quei segnali ritenuti interessanti e aventi specifiche caratteristiche. Per comprendere l’importanza della scoperta è necessario fare qualche passo indietro. Fino a una decina di anni fa, gli astronomi non sapevano nemmeno che esistessero i fast radio burst. Il primo fu scoperto quasi per caso nel 2007, il fenomeno divenne noto come il “lampo di Lorimer”, durante una revisione di alcuni dati forniti dal Parkes Observatory nel New South Wales in Australia. Da Parkes sono stati rilevati ben 16 dei 18 FRB scoperti tra il 2001 e il 2016.

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L’osservatorio ha come suo strumento principale un radiotelescopio con una parabola di 64 metri di diametro, con una gloriosa storia di oltre 50 anni alle spalle (ebbe per esempio un ruolo centrale per captare le trasmissioni tv in diretta dalla Luna quando ci fu l’allunaggio nel 1969). A differenza dei classici telescopi che osservano la luce visibile, un radiotelescopio rileva le onde radio emesse dai corpi celesti nell’Universo, consentendo quindi di spingersi molto più lontano nelle osservazioni rispetto a un normale telescopio con specchi e lenti. I radiotelescopi più potenti sono costituiti da una serie di antenne paraboliche, che lavorando insieme permettono di captare segnali a seconda del punto dell’Universo verso cui sono puntate. Un radiotelescopio deve essere puntato verso la direzione giusta e al momento giusto per captare un segnale che dura pochissime frazioni di secondo e che, nella maggior parte dei casi, non si ripeterà mai più. Anche se molti radiotelescopi sono costituiti da svariate parabole dal diametro di decine di metri, la porzione di cielo che può essere coperta da un’osservazione è infinitesimale, se comparata con la vastità della volta celeste.

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 La mancanza di una spiegazione convincente sulla loro causa ha portato a numerose ipotesi. Secondo alcuni, i fast radio burst si producono quando le stelle di neutroni (stelle iperdense, ciò che resta di un’esplosione stellare verso la fine del ciclo vitale di una stella) si scontrano tra loro o con altri corpi celesti. Altri ricercatori hanno ipotizzato che a generare i FRB siano alcune sfortunate stelle, pochi istanti prima di essere completamente risucchiate in un buco nero, mentre c’è chi teorizza che i repentini segnali radio siano prodotti dalle magnetar, stelle di neutroni con un campo magnetico gigantesco (miliardi di volte superiore a quello della Terra), che producono grandi emissioni elettromagnetiche. Nel 2010 fu annunciata la scoperta di altri sedici impulsi radio, rilevati sempre dall’osservatorio di Parkes e che presentavano caratteristiche analoghe a FRB 010724, salvo il fatto di essere di chiara origine terrestre. La scoperta dei pèriti (peryton in inglese), come furono chiamati, gettò un’ombra sull’interpretazione extragalattica per il lampo di Lorimer almeno fino al 2015, quando fu identificata la loro causa: i pèriti si manifestavano quando veniva aperto lo sportellino di un forno a microonde ancora in fase di riscaldamento in prossimità del telescopio.

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 I FRB sono molto sfuggenti ed è estremamente difficile localizzare il loro punto di origine in aree remote dell’Universo. La costanza è stata ripagata un paio di anni fa, quando è stato rilevato un fast radio burst  con una caratteristica che lo rende unico, almeno fra quelli conosciuti: si ripete. Sì chiama FRB 121102, dalla data della prima rilevazione, avvenuta il 2 novembre 2012 con l’antenna di Arecibo, nell’isola di Porto Rico. Nel novembre del 2015, l’astronomo Paul Scholz della McGill University di Montreal ha trovato, in dati di archivio di Arecibo, tra maggio e giugno del 2015, dieci ripetizioni non periodiche di un lampo radio veloce che per misura della dispersione e direzione della sorgente erano compatibili proprio con FRB 121102.

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Ciò ha portato innanzitutto ad ipotizzare che la causa dei lampi radio veloci non possano essere dei fenomeni distruttivi, come la collisione di buchi neri o stelle di neutroni, che non sarebbero ripetibili. Nel dicembre del 2016 è stata segnalata la scoperta di altre ripetizioni nella stessa porzione di cielo, date dalle osservazioni svolte dall’antenna di Arecibo e da un gruppo di ricerca guidato da Shami Chatterjee, della Cornell University, che ha utilizzato le 27 parabole dei radiotelescopi del Very Large Array (VLA) nel New Mexico. Le coordinate ottenute sono state poi inserite negli strumenti dell’Osservatorio Gemini, che ha un telescopio ottico nell’emisfero nord (Hawaii) e uno in quello sud (Cile), e finalmente nel gennaio 2017 è stato annunciato che lo studio ha permesso di identificare la sorgente del segnale in una piccola galassia nana (pochi miliardi di stelle a fronte dei 200/400 miliardi della nostra, la Via Lattea) distante oltre 3 miliardi d’anni luce dalla Terra, vicino la costellazione dell’Auriga. La scoperta, che si è guadagnata la copertina di Nature, è stata possibile grazie anche alla collaborazione con le antenne della European VLBI Network (EVN),fra le quali quella da 32 metri di Medicina dell’INAF, in provincia di Bologna, controllati dal JIVE (Joint Institute for VLBI in Europe) in Olanda.

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«La sensibilità combinata dei telescopi della rete EVN, la grande distanza che li separa l’uno dall’altro e le capacità uniche del processore dati centrale di JIVE, permettono di individuare eventi di appena un millesimo di secondo con una precisione di puntamento in cielo di circa 10 milliarcosecondi: equivalenti più o meno alla dimensione apparente che avrebbe, vista dai Paesi Bassi, una palla da tennis situata a New York», dice uno dei coautori dell’articoli, Zsolt Paragi, del JIVE. «I fast radio bursts sono uno fra i più interessanti fenomeni astrofisici scoperti nel corso degli ultimi dieci anni. Dieci anni durante i quali non eravamo ancora riusciti a individuare l’esatta provenienza di queste esplosioni energetiche. La nuova scoperta, realizzata anche grazie alla partecipazione dei radiotelescopi che abbiamo in Italia è motivo di grande eccitazione, perché fornisce un’informazione nuova e cruciale per comprendere la fisica di questo fenomeno: la distanza dell’oggetto d’origine, individuato con precisione in una remota galassia», sottolinea Steven Tingay, responsabile dell’Unità Scientifica per la radioastronomia dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e direttore dell’Istituto di Radioastronomia dell’INAF di Bologna. Sapere che l’origine di FRB 121102 si trova in una galassia nana può essere un indizio cruciale per determinarne la natura. Il gas presente in queste galassie è relativamente primitivo, almeno rispetto a quello che incontriamo nella Via Lattea e offre dunque un ambiente favorevole alla formazione di stelle assai massicce. Osservando ciò gli scienziati suggeriscono che una possibile causa degli FRB sia proprio il collasso di una di queste stelle. «Tuttavia, dobbiamo essere prudenti», raccomanda Tingay riguardo alle congetture sul possibile meccanismo d’origine. «La storia decennale dello studio degli FRB è una storia di false partenze e di vicoli ciechi, tre passi avanti e due indietro. Non dimentichiamo, poi, che questo particolare FRB è molto speciale: della ventina che conosciamo, è l’unico che si ripete. Pertanto, è anche possibile che a produrlo non sia lo stesso tipo di processo alla base degli altri. In ogni caso, è un risultato che segna un importante progresso in quest’affascinante ambito di ricerca». Spiega Daniele Malesani, astronomo italiano presso l’Università di Copenhagen, che ha partecipato alla campagna osservativa successiva alla scoperta del FRB 121102 «Dai calcoli si può stimare che in pochi millesimi di secondo quella sorgente ha liberato tanta energia quanta quella che in nostro sole irraggia in un giorno intero».

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Ci sono altri 3 importanti FRB che sono stati studiati in questo decennio e sono quello scoperto da Masui, astronomo presso la University of British Columbia e il Canadian Institute for Advanced Research e Jonathan Sievers, dell’Università di KwaZulu-Natal a Durban, in Sud Africa, denominato FRB 110523, l’ FRB 150418 rilevato a Parkes in Australia e studiato anche dal Sardinia Radio Telescope (SRT) dell’INAF e dal telescopio Subaru dell’Osservatorio Nazionale del Giappone (NAOJ), sulle isole Hawaii e quello catturato da da Vikram Ravi del Caltech e Ryan Shannon della Curtin University, rinominato FRB 150807. Il primo è importante perché conteneva dettagli sulla sua polarizzazione che non erano mai stati identificati fino ad allora infatti prima della rivelazione di questo segnale, ai FRB era stata associata solo una polarizzazione circolare ma grazie ad esso è stato possibile individuare sia la polarizzazione circolare che quella lineare. La polarizzazione è una proprietà della radiazione elettromagnetica e indica sostanzialmente l’orientamento dell’onda. Gli occhiali da sole polarizzati sfruttano questa proprietà per bloccare una parte dei raggi solari e i film in 3D la usano per ottenere l’illusione della profondità. I ricercatori hanno utilizzato queste informazioni aggiuntive per determinare che il segnale radio del FRB presentava rotazione di Faraday, una torsione che le onde acquisiscono passando attraverso un intenso campo magnetico. «Sepolto all’interno di un set di dati enorme, abbiamo trovato un segnale molto particolare, che mostrava tutte le caratteristiche note di un Fast Radio Burst, ma anche una componente di polarizzazione in più, mai osservata prima”, ha detto Sievers. Inoltre, le misure di dispersione caratteristiche dei lampi radio, che hanno permesso di scartare altri segnali in una mole di dati di 40 terabyte, possono essere utilizzate per ottenere la regione a cui appartiene la sorgente infatti questo segnale è stato collocato in maniera molto precisa a 6 miliardi di anni luce. In questo caso, la misura esclude i modelli che chiamano in causa le stelle della nostra Galassia e, per la prima volta, dimostra che il FRB deve aver avuto origine in un’altra galassia. «Presi insieme questi dati ci danno più informazioni sui FRB di quante ne abbiamo mai ottenute, e ci forniscono importanti vincoli su questi eventi misteriosi», conclude Masui. «Inoltre, ora abbiamo un nuovo strumento molto interessante che snellisce la ricerca nei dati d’archivio, e questo ci permetterà di scoprire altri FRB e di avvicinarci ad una comprensione migliore della loro natura».

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Il secondo è stato molto studiato perché il segnale radio, pur affievolendosi progressivamente, è stato registrato per circa 6 giorni. Grazie a queste informazioni i ricercatori sono riusciti a individuare la posizione del FRB con una precisione circa 1000 volte migliore rispetto agli eventi precedenti infatti è stata identificata in una remota galassia ellittica, distante circa 6 miliardi di anni luce da noi.  L’osservazione ottica ha permesso anche di misurare il redshift, cioè la velocità alla quale la galassia si allontana da noi a causa dell’espansione accelerata dell’Universo. Oggi i modelli teorici predicono che l’universo sia composto per il 70% di energia oscura, per il 25% di materia oscura e per il 5% di materia ordinaria, quella di cui facciamo esperienza quotidiana. Tuttavia gli astronomi, pur facendo la lista di tutta la materia ordinaria che osserviamo nelle stelle, nelle galassie e nelle vaste regioni permeate di idrogeno diffuso, erano riusciti finora a identificare solo circa la metà della materia ordinaria attesa: il resto non poteva essere visto direttamente, ed è stato dunque denominato come “materia mancante”. “La buona notizia è che le nostre osservazioni sono in accordo col modello teorico: abbiamo trovato la materia mancante” affermò Evan Keane, Project Scientist presso la Square Kilometre Array Organisation, e continuò“ È la prima volta che un lampo radio viene utilizzato per condurre una misura cosmologica”.

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Il terzo è il più luminoso di tutti e Andrea Possenti, astronomo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica commentò: «Lo studio aggiunge un esemplare, il più brillante, ad una famiglia finora poco numerosa e che quindi si arricchisce sostanzialmente con l’inserimento di ogni nuovo membro. In più, rispetto alle due decine di FRB noti, questo FRB ha il vantaggio di mostrare una percentuale di polarizzazione lineare elevatissima, dell’ordine dell’80 per cento. Ciò ha permesso una determinazione accurata della cosiddetta “misura di rotazione”, ossia dell’effetto prodotto dal campo magnetico attraversato dal segnale radio sulla direzione della polarizzazione del segnale stesso».

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Ma un nuovo studio, pubblicato su Astrophysical Journal Letters, ipotizza che questi fenomeni misteriosi potrebbero in realtà essere associati ad altre forme di vita nello spazio. Addirittura, potrebbero costituire una prova di tecnologia aliena avanzata: futuristici trasmettitori delle dimensioni di un pianeta, costruiti per alimentare sonde interstellari in galassie distanti. Ad ipotizzare che possano essere segnali artificiali, e quindi provenienti da una ipotetica civiltà aliena, non è l’ennesima e fantasiosa ipotesi di un qualche ufologo, ma di alcuni astrofisici di tutto rispetto dello statunitense Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics. Dopo dieci anni di ascolto di radiosegnali provenienti dall’universo, il team di esperti, coordinato da Manasvi Lingam e Abraham Loeb, racconta sulla rivista Astrophisical Journal Letters come tali fenomeni, potrebbero essere potenti segnali creati dalla tecnologia molto avanzata di una lontana popolazione aliena. Uno scenario fantascientifico? Non così tanto, secondo Loeb: “I segnali radio veloci sono estremamente luminosi, considerando la loro breve durata e il fatto che le loro sorgenti sono molto distanti. Non abbiamo ancora trovato una fonte naturale plausibile, quindi vale la pena contemplare l’ipotesi che possa esistere una fonte artificiale”. Loeb e Lingam hanno esaminato la fattibilità di creare un trasmettitore radio abbastanza forte da essere rilevabile a distanze così immense. Hanno scoperto che, se il trasmettitore è alimentato da luce solare, la luce concentrata su un’area pari a un pianeta di dimensioni due volte quelle della Terra potrebbe essere sufficiente a generare l’energia richiesta. Un progetto costruttivo di questo genere è ben al di là della nostra tecnologia, ma non è in contrasto con le leggi della fisica. Inoltre hanno preso in considerazione il fatto che un simile trasmettitore possa essere sostenibile da un punto di vista ingegneristico o se le immense energie coinvolte potessero fondere ogni struttura sottostante. Nuovamente hanno scoperto che un dispositivo raffreddato ad acqua potrebbe far fronte al calore. Hanno calcolato anche quale potrebbe essere la dimensione di una “sonda” spinta da un’energia simile a quelle dei FRB, giungendo alla conclusione che potrebbe pesare anche un milione di tonnellate, ossia oltre 20 volte le nostre più grandi navi da crociera. «Si potrebbe immaginare una nave interstellare, o intergalattica, in grado di trasportare un gran numero di persone per generazioni intere: una nave generazionale», commenta Loeb.“Sarebbero, quindi, abbastanza grande per il trasporto di persone tra le distanze interstellari o anche intergalattiche” spiega Lingam. Dalla Terra quello specifico impulso radio potrebbe essere osservato solo per un breve instante, perché l’ipotetica astronave, il pianeta di partenza così come la stella e la galassia sono in movimento.

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“Questo straordinario risultato indica un fenomeno astronomico ancora sconosciuto o inusuale, o potrebbe indicare che si tratta di una vasta rete di comunicazione aliena, e che l’universo pullula di forme di vita intelligenti”, afferma Nigel Watson, autore del famoso libro “Manuale sulle indagini sugli UFO”. E continua: “Ogni segnale insolito dallo spazio ci incoraggia a chiederci se questo provenga da una civiltà aliena. Questo segnale sembra così sfuggente e difficile da interpretare e dovrebbe essere un candidato per ulteriori analisi. Sarebbe fantastico se si trattasse di un segnale alieno, come la consapevolezza che non siamo soli in questo vasto universo avrebbe un impatto drammatico sulla nostra percezione del nostro posto nello schema delle cose.” Loeb  comunque ha sottolineato che tutto ciò è una pura ipotesi speculativa, ma alla domanda se crede davvero che gli FRB possano essere emissioni artificiali ha risposto: «La scienza non è una materia di fede ma di prove. Decidere cosa è probabile, prima di una ricerca, limita la ricerca stessa. Vale sempre la pena avanzare nuove idee e ipotesi, e lasciare che siano poi i dati a parlare».

Alfonso Morelli – Team Mistery Hunters