La Magia dei Trulli

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I trulli sono prodigi architettonici a forma di cono, costituiti generalmente da una base circolare (i più antichi) o quadrangolare. I loro muri perimetrali hanno un’altezza variabile da 1,60 a 2 metri. Il loro spessore, ai giorni nostri, non supera gli 80 cm, mentre un tempo andava oltre il metro e spesso raggiungeva i 2. Sui muri poggia il cono (la cannela), che sale restringendosi fino al culmine, indicato esternamente da un pinnacolo. La volta conica all’esterno è ricoperta di lastre calcaree dette chianche (o chiancole, chiancarelle) che ne garantiscono anche l’impermeabilità. Esse sono disposte in file sovrapposte, con pendenza verso l’esterno, per agevolare il deflusso delle acque piovane. Sia le mura sia la cupola sono innalzate a secco. I trulli sono il primo esempio di perfetta coibentazione: caldi d’inverno e freschi d’estate. Questo fenomeno è dovuto alla formazione di piccole camere d’aria tra una chianca e l’altra, che assorbono gli sbalzi di temperatura, mantenendola costante. L’intonacatura interna, in latte di calce su uno strato di bolo (terra rossa) contenente paglia, impedisce agli insetti di passare e funge da isolante termico. Inoltre la cosiddetta passività della struttura (nei trulli non esistono leganti) è in grado di assorbire anche le scosse di terremoto più forti. I Trulli di Alberobello sono stati inseriti dall’Unesco nella lista dei beni protetti come patrimonio dell’umanità.

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Sulla storia e sull’etimologia dei trulli vertono comunque parecchi dubbi: non a caso Emile Berteux li ha definiti “Costruzioni senza tempo”. C’è chi propende per il richiamo al 1500 a.c., quando col nome classico tholoi, a Micene in Argolide, una cupola apparve sulla tomba detta Tesoro di Atreo, ricolma degli oggetti in oro poi scoperti nel 1874 dal celebre archeologo Heirich Schliemann, lo stesso degli scavi di Troia. Ma ad intrigare la questione compare anche il termine greco-bizantino torullos, (dal greco antico τροῦλλος, trûllos, cupola) che si riferisce alla sala a cupola del palazzo imperiale di Costantinopoli, nel quale Giustiniano II, nel 691, tenne il concilio detto appunto trullano o in trullo. Infine, l’ipotesi latina turris, con le alterazioni turulla, trulla, trullum per indicare una piccola torre. Nonostante nelle zone di sviluppo dei trulli si rinvengano reperti archeologici o fondamenta di capanne risalenti all’età del bronzo, non esistono trulli particolarmente antichi, per un semplice motivo: piuttosto che provvedere alla riparazione di un trullo, per motivi economici, si procedeva all’abbattimento dello stesso e alla sua ricostruzione riutilizzandone il materiale. Così le attuali costruzioni risalgono circa al XVI secolo, quando Giangirolamo II Acquaviva D’Aragona, Conte di Conversano, noto come il “Guercio di Puglia”, uno dei primi feudatari della zona, impose la costruzione di abitazioni solo con pietra a secco e senza l’utilizzo di malta. Questo espediente, in realtà, evitava il pagamento dei tributi al vicerè spagnolo del Regno di Napoli, in quanto non veniva considerato come insediamento urbano, bensì come costruzioni precarie di facile demolizione e dunque non tassabili. La verità è che di precario hanno ben poco; la struttura infatti garantisce notevole stabilità, oltre ad assicurare un ottimale equilibrio termico.

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Una altra teoria molto attendibile riguardante l’origine dei trulli lega il medio-oriente con la Puglia: esiste in Turchia il villaggio di Harran o, indicandolo col suo antico nome, Caran composto da migliaia di trulli. Proprio da Caran partì, duemila anni prima della nascita di Cristo, il patriarca Abramo per raggiungere con il suo popolo la terra di Canaan. L’attuale Harran fu ricostruito circa mille anni fa, in corrispondenza della conquista bizantina della Puglia quando, cioè, alcune comunità ebraiche ed orientali si stabilirono fra Bari e Taranto. È probabile che proprio in quella occasione l’architettura a trullo sia stata trapiantata in Puglia; il trullo, quindi, secondo questa storia, potrebbe addirittura vantare una origine biblica. Se prendiamo per buona questa teoria della nascita orientale del trullo fra Turchia, Siria, Anatolia, zone notoriamente soggette a frequenti e devastanti terremoti, il pinnacolo è una prova schiacciante, in quanto, a forma prevalentemente sferica, in Valle d’Itria, originariamente non veniva fissato ma solo appoggiato in modo da lasciarlo libero di “rotolare” giù dalla cupola in caso di un eventuale movimento tellurico, in modo tale che il rumore provocato consentisse agli abitanti del trullo di mettersi tempestivamente al sicuro: una cautela di certo anch’essa importata dall’Oriente. Difatti, se osserviamo le immagini dei trulli di Harran situati in zona soggetta a terremoti, possiamo notare che sono tutti, indistintamente, sormontati da un pinnacolo posto in equilibrio che precipitando svolge sicuramente una funzione di “allarme” in caso di sisma.

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In ogni caso ciò che ha fatto del trullo di Puglia una espressione architettonica unica al mondo è la sua continuità d’uso che ne ha favorito il formarsi di una propria caratteristica architettura ben più evoluta rispetto a quella riscontrabile in tutte le altre tipologie “a trullo ” esistenti in altre zone nel mondo come nel caso delle pinnette in Sardegna, dei talajots delle isole Baleari, delle casìte dell’Istria, del bothan delle Isole Ebridi delle costruzione in pietra a secco irlandesi di Dingle, del tipico dammuso di Pantelleria, del complesso agro-pastorale di Abbateggio in Abruzzo, le case di O Cebreiro, una delle tappe del cammino di Santiago, delle abitazioni della Cappadocia e degli stessi trulli di Harran.

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La simbologia relativa ai trulli viene illustrata dai pinnacoli e da figure emblematiche tracciate con latte di calce sulla cupola. Essa non tanto caccia il malocchio, come molti con insistenza pensano, quanto trasmettono il valore magico-culturale con cui il trullo dovette nascere, come immagine del cielo e come altare per il culto solare e il pinnacolo altro non è che l’immagine fallica collegata a questo culto. I pinnacoli decorativi, chiamati anche cucurnei o tintule, possono assumere forme diverse, spesso ispirate a elementi simbolici, mistici, religiosi o a motivi tradizionali. Per alcuni studiosi i pinnacoli sono una sorta di “marchio”, posto dai differenti maestri trullari (costruttori) per contraddistinguere il proprio lavoro, o un semplice elemento decorativo prescelto dai proprietari della casa. Per altri, la loro origine è da ricondurre a una primitiva simbologia magica. Non a caso, le forme che li caratterizzano, (il disco, la sfera, il cono, la piramide a base quadrata o triangolare) nell’antichità erano connesse ai culti betilici (dal latino bactulos, pietra sacra), praticati dai popoli agricoli primitivi e documentati in Puglia fino al primo secolo A.C., popoli che adoravano la pietra pensando che fosse figlia del sole e delle stelle. Nelle forme più evolute, il pinnacolo posto sull’apice della cupola diventa un poliedro cruciforme, un poligono stellato, una pisside sormontata da un globo. Per questi elementi, infatti, così come si è verificato per i simboli dipinti, l’originario valore magico sarebbe stato sostituito, progressivamente, da un’interpretazione cristiana e quindi religiosa. Per spiegare il significato simbolico di tali forme occorre risalire all’origine “esoterica” del culto delle pietre sacre. Il culto betilico trae il suo nome dall’antica città ebraica di Bethèl (l’odierna Béthin) che dista qualche chilometro da Gerusalemme e il cui significato etimologico è “la Casa di Dio”. Di conseguenza il rituale sacro nacque dalla convinzione che nella pietra fosse custodito un potere misterioso (ricordiamo a tale proposito le meteoriti cadute dal cielo, soprattutto le tectiti, e le pietre focaie ritenute dagli uomini primitivi rispettivamente dono delle stelle e del Sole), perpetuato attraverso i Fenici, poi i Greci (che trasposero il termine “Bethél” in Baitylos o Baitylion) ed infine i Romani (Baetulus). Nella maggior parte dei trulli a pianta QUADRATA il pinnacolo è una SFERA in quanto la forma quadrata o rettangolare per la gnosi antica stava a significare il “terreno”, il “mondo materiale” e La sfera invece rappresentava il “divino”, il Celeste.

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Sul frontale di ogni cupola vi sono dipinti dei simboli, anch’essi, di valore propiziatorio o magico, sia di origine pagana che di origine cristiana. I simboli vengono tracciati a mano libera con l’uso della calce, sinonimo di purificazione (è usata come disinfettante): il colore bianco ricorda quello del latte e il candore dei trulli ricorda qualcosa di puro. In passato il sindaco di Alberobello poteva emettere un’ordinanza di allattamento (da allattè, cioè tinteggiare i muri di bianco) per ridare il colore originario ai trulli. Tali simboli, resi grossolani a causa della superficie del tetto e della non sempre specifica capacità decorativa dell’imbianchino, sono spesso identificabili per intuizione più che per la chiarezza del disegno. Seguendo una classificazione risalente al 1940 è possibile suddividerli in: primitivi, magici, pagani, cristiani, ornamentali e grotteschi. Tale suddivisione è puramente indicativa e, benché la sua validità scientifica sia relativa, è funzionale per una rapida identificazione. In base al censimento risultano oltre duecento simboli diversi tra quelli ancora presenti sui coni e quelli tramandati dalla tradizione orale. La classificazione e la decodifica dei simboli risulta ancora problematica perché la tradizione e l’utilizzo dei simboli avviene solo per via orale, quindi a noi non è arrivata nessuna spiegazione dettagliata sul significato di essi.

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In realtà, anche se quasi tutti i simboli hanno acquisito un significato eminentemente cristiano, il contadino non riesce a staccarsi da un loro fine utilitaristico e apotropaico. L’antica credenza popolare considera questi segni dotati di particolari virtù magiche e capaci di allontanare le influenze maligne. I simboli pagani in quanto magici, erano religiosi mentre a quelli cristiani in quanto religiosi, si chiedeva di essere magici. Anticamente si viveva in funzione del buon esito di un raccolto, temendo che una stagione avversa o una qualsiasi malattia non consentisse di lavorare. I simboli, tramandati di generazione in generazione, in caso d’abbattimento del trullo, erano riportati sul cono appena edificato. Se la presenza di tali segni nelle zone rurali era garantita dalla tradizione, in paese, al contrario, nel corso degli anni tendeva a sparire. Risale al 1926 il ripristino di alcuni di essi nel Rione Monti, su imitazione di quelli riportati sui trulli più antichi. Altri simboli furono riproposti nel 1934, per ordine del Comitato Provinciale del Turismo, in occasione della prevista visita di Benito Mussolini, giunto a Bari per l’inaugurazione della quinta Fiera del Levante.

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Primitivi
In questa tipologia vanno inclusi quei disegni dal significato meno accessibile e non riconducibili ad alcun modello reale. Giunti fino a noi grazie alla loro successiva interpretazione cristiana, sono, spesso, insoliti e rudimentali intrecci di linee curve e diritte, di circoli e triangoli, di punti isolati e linee terminali, prevalentemente di numero tre, cinque e sette. Il fatto che i medesimi segni siano presenti sui vasi antichi apuliani, pensiamo alla croce svastica, o si trovino scolpiti lungo le pareti interne delle tombe primitive, confermerebbe la loro arcaicità. A tale classe appartengono, inoltre, i triangoli, invocazione alla Trinità, i circoli, simboli di Dio, e i punti isolati, segni della miseria umana.

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Magici

I simboli magici sono da ricollegare a segni astrologici, zodiacali e planetari. Ogni auspicio ha assunto una specifica simbologia, associata ad alcuni segni dello zodiaco. Il segno dell’Ariete diviene implorazione di vita sana e robusta, il segno del Sagittario è una preghiera propiziatoria affinché si fermino le saette dell’ira divina, quello dei Pesci protegge dai fulmini. I segni del Toro, dei Gemelli, del Cancro, del Leone e della Bilancia, sono augurio di fortuna, rispettivamente per gli abitanti della casa, per i fratelli, per i genitori, per i bambini e per gli sposi. Simboli di maggiore rilevanza sono il Sole e la Luna. Il primo, rappresentato da tre cerchi concentrici, è principio di vita materiale e spirituale per il trullo e per i suoi abitanti. La Luna, custode del trullo addormentato, presenta una croce equilatera accanto alla sua gobba rivolta a levante, affinché non sia confusa con la mezzaluna turca, simbolo di dannazione. Un segno particolare è quello rappresentato da una sorta di tridente rivolto al cielo, divenuto simbolo delle tre preghiere indirizzate alla Trinità.

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Pagani
Tali simboli, presenti prevalentemente in zone rurali, sono da ricondurre all’antico culto degli animali professato dai Romani. Queste raffigurazioni, così come le altre, hanno subito una progressiva modificazione interpretativa. L’aquila è diventata simbolo dell’anima che aspira al cielo. La testa del cavallo, del bue, del cane e il gallo rappresentano rispettivamente il lavoro, lo scongiuro da ogni sfortuna, l’emblema della famiglia e quello della vigilanza. Il serpente è segno di prudenza.
Cristiani
Queste sono le raffigurazioni più comuni, numerose e varie. Infatti, i simboli primitivi, magici e pagani, reinterpretati, sono diventati espressione del culto e della credenza popolare. La cosa non risulta particolarmente strana dato che, anche il primo Cristianesimo assunse simboli solari e astrali, cambiandone il significato. Rappresentazioni del Sole e della Luna, per esempio, sono affrescati sul catino absidale centrale della vicina chiesa di S. Maria di Barsento. Se per lo storico locale Notarnicola l’affresco è da ricondurre al periodo longobardo, quale indizio della presenza di indigeni o di alieni (…) da poco convertiti al Cristianesimo e, quindi, non ancora del tutto depurati degli idoli astrali, secondo l’iconografia medioevale, gli astri maggiori del firmamento assumono una particolare valenza simbolica: il Sole rappresenta la natura divina di Cristo, la Luna, viceversa, la natura umana. Alcuni di questi elementi iconici, come la stella a sei punte o il candelabro a sette bracci, pur essendo di origine ebraica, sono stati successivamente “cristianizzati” nei loro significati. Tutti questi simboli, qualunque sia la loro origine e la loro presunta datazione, si riferiscono alle più svariate manifestazioni e ricorrenze della Chiesa Cattolica. Si passa dal monogramma di Cristo ai simboli della passione, dal cuore trafitto di Maria all’Ostia raggiante, dal Calice Eucaristico alle iniziali dei Santi Patroni o all’alfa e omega. Il simbolo più comune è la Croce. Essa assume svariate forme: semplice, astata, radiante, punteggiata. E’ il più alto segno della cristianità e rappresenta le preghiere innalzate al cielo. Non mancano i segni augurali e propiziatori con il nome della Vergine.

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Ornamentali e Grotteschi
I simboli grotteschi, non sono collegati alla tradizione, ma sono frutto della fantasia del proprietario del trullo. Queste raffigurazioni sono, essenzialmente, espressioni estetiche del contadino, oppure indicano specificatamente l’attività lavorativa dello stesso. Accanto alle iniziali del nome e cognome del proprietario, è dipinto a volte lo strumento del suo mestiere: una zappa, una falce, una bilancia, un martello, una pialla. Presenti anche le raffigurazioni delle produzioni agricole, nelle quali il proprietario del trullo è specializzato: una spiga, un grappolo d’uva, un ramo di mandorlo in fiore, un ramoscello d’olivo. Accanto a questi, non è raro trovare una croce, simbolo di scongiuro e d’invocazione propiziatoria. Non mancano fiori, cuori intrecciati o stelle.

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Sia le decorazioni sui tetti, sia i pinnacoli raccontano, interpretano l’unione dell’uomo con il creato e con la divinita’. E raccontano un rapporto di reverenza, che si serviva di un linguaggio perduto di cui sono rimasti solo i simboli e le immagini esterne. Esprimono un richiamo forte alla spiritualità universale e al riconoscimento delle forze della natura, imperscrutabili e indomabili. In questo senso si avvicinano al mandala, in quanto esempi di cosmologie ed espressione di un rapporto tra il micro e macro cosmo. Va inoltre ricordato che nel Medioevo nel periodo compreso fra il VII e XII secolo fiorì in Puglia una civiltà legata all’Oriente ed ai culti isidei che poi si fuse con la cultura autoctona. Né è un caso che proprio nella Valle d’Itria esistessero numerosi santuari altomedievali, ormai completamente distrutti, che erano stati dedicati alla Madonna Odigitria (la Madonna di Costantinopoli,colei che conduce, mostrando la direzione), importata dall’oriente dall’ordine segreto dei monaci “rossi o conoscitori” con tutta la relativa simbologia esoterica.

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Possiamo quindi concludere che la semplice gente di Puglia non è stata l’artefice della creazione di questi strani simboli, bensì la perpetuatrice di un rituale che origina dall’unione di più culture legate ad antiche religioni.

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Alfonso Morelli – Team Mistery Hunters

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